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Economia del Turismo di Montagna. Un ruolo non solo invernale del Sistema Funivie

La ricerca di nuovi modelli di sviluppo compatibili per l'economia della Montagna. Ad iniziare da quella turistica legata a "doppia fune" al mondo delle funivie.

Delio Picciani · Data di pubblicazione: 1 Settembre 2019 · Ultimo aggiornamento: 30 Giugno 2020 Economia del Turismo

SOMMARIO
La Montagna e la sua economia
Ricordi della Montagna di un tempo per amare e proteggere quella d'oggi
La Montagna meno nota e i suoi possibili modelli di sviluppo nell'Era della Trasformazione Digitale
Come narrare i dati di un Sistema di Funivie
Come il Trentino ha affrontato le difficoltà dei Sistemi Impianti nelle stazioni di montagna media quota 
L'operazione di risanamento denominata Lean Cableways
L’impatto sul Pil provinciale secondo studio commissionato a Fbk-Irvapp

Quale futuro possibile per la Montagna delle piccole stazioni
Un ruolo da protagonista delle Funivie per la montagna estiva. Sistema Impianti oltre la neve
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La Montagna e la sua economia

Alla ricerca della terza via fra sviluppo e sostenibilità..fra eccessi consumistici degli ultimi decenni e la fame di un tempo
Grafica colori delle montagna

Con questo post inizierò ad approfondire una serie di argomenti che fanno parte del tema generale della Montagna. Un luogo che merita un'attenzione particolare, un luogo su cui giocano e si mescolano sensibilità, tesi e sentire diversi, spesso alimentati dal tema preminente ambientale. Fanno invece meno chiasso, ma sono anch'essi materia di equilibrio precario, i temi dell'economia di montagna. 

Da una parte la retorica nostalgica dei buoni ed antichi sentimenti dello spirito della montagna e dei suoi abitanti, con le loro usanze e tradizioni popolari. Ed a questo vada aggiunta la crescente coscienza ambientale che oggi é alimentata soprattutto dalle notizie sullo scioglimento dei ghiacciai e la temuta sparizione di ecosistemi dai fragili equilibri.

Dall'altra la modernità contro cui i più integralisti si scagliano parlando di assalto selvaggio alla montagna, peraltro ben visibile nelle forme più evidenti quando se ne visitano luoghi diversi, soprattutto in termini di consumo di territorio.

Io personalmente che pur sono un uomo di montagna o quasi ed amo la montagna, sono da tempo convinto che ci deve essere una terza via da seguire con il buon senso. Una terza via fra la fame di un tempo e gli assalti di un progresso ed uno sviluppo disordinati innegabili e da arginare con decisione.

Ricordi della Montagna di un tempo per amare e proteggere quella d'oggi

Ma non va mai dimenticata la storia della montagna e delle sue civiltà per capire cosa ha comportato per secoli il vivere o meglio il sopravviverci.

Io come molti trentini della mia generazione ho avuto la fortuna da bambino di sentire direttamente dai protagonisti come hanno vissuto sulle nostre montagne prima dell'avvento della modernità e dello sviluppo economico.

Ad iniziare dai racconti della mia bisnonna profuga ai tempi della prima guerra mondiale insieme ad una nidiata di figli fra cui mio nonno, poi vedova di guerra vivendo in una valle senza collegamenti stradali né sociali con il progresso.
E sentire dai pro zii e le pro zie come hanno vissuto assai modestamente prima e dopo quel periodo tremendo. E non erano per loro fortuna fra i pur tanti che vivevano di stenti.

E sentire poi dai miei zii  storie della loro emigrazione e i loro racconti della generazione che li aveva preceduti, chi in altri Paesi chi in città per trovare lavoro.
Il mio rusticissimo, mitico pro zio Primo (così si chiamava e non ho mai capito il perché, nome di un santo misconosciuto) mi raccontava come viveva per mesi nei boschi come carbonaio. Da ragazzino mi dava 10 lire di mancia e mi teneva a pranzo perché lo aiutavo a fare il fieno.

Quello era il suo parametro dell'economia di montagna, ed una bevuta all'osteria - ma solo o quasi di domenica - era l'altro suo parametro del benessere, insieme ad un pacchetto di terribili sigarette Alfa (senza filtro) che nell'arco di una settimana o quasi andavano fumate rigorosamente sin quasi a bruciarsi le dita per non sprecare neanche un grammo di tabacco. 

Se si dimenticano  queste vite, queste storie, se si dimentica che Montagna ha sempre significato fatica, sudore, spesso fame o quanto meno grandi ristrettezze, allora si dimentica che nonostante tutto oggi si sta molto, molto meglio.

Perché anche la montagna ha saputo nel bene e nel male produrre nuova ricchezza sfamando poverissime valli intere nell'arco alpino, con lo sfruttamento della voglia di turismo.
Ecco appunto: a proposito di sfruttamento come la mettiamo con gli stravolgimenti che ha portato il Turismo? E la cementificazione?

Certo che sì: il progresso e lo sviluppo per la Montagna sono arrivati portando dentro i suoi processi enormi contraddizioni, stravolgimenti sociali, ambientali, paesaggistici  che hanno quasi fatto sparire le forme più millenarie della civiltà dei montanari.

I litorali e le nostre coste marine hanno subito analoghi scempi. Nessuno può negarlo. E quel che é fatto purtroppo é fatto.
Ma da anni ormai, nella crescente consapevolezza e sensibilità verso i temi della Sostenibilità, si cercano nuove strade e si presta più attenzione al territorio.

Sta ora alla responsabilità sociale e personale di amministratori, cittadini ed imprenditori far sì che la Sostenibilità Ambientale, Sociale, Economica non diventi una parolaccia abusata sino alla nausea, troppo "parlata e poco praticata".

La Montagna meno nota e i suoi possibili modelli di sviluppo nell'Era della Trasformazione Digitale

Io della Montagna intendo trattare prevalentemente la sua economia ad iniziare da quella turistica ma non solo. Come vivono oggi le sue popolazioni e come vi lavorano, l'abbandono dei suoi paesi più periferici ed il modo di rivitalizzarle.
La distanza anche in termini di opportunità per i giovani fra montagna e fondo valle e città. Modelli di sviluppo possibili per la periferia montana.

E come comunicazione e marketing delle destinazioni di montagna hanno inciso su crescita e sviluppo. Una comunicazione ed un marketing turistici che nel passato facevano leva sugli archetipi e stereotipi montani con l'immancabile immagine retorica del bel paesino incastonato fra le Dolomiti e l'immancabile alto campanile.

Ed una successiva evoluzione sino al racconto di una montagna per tutti, colma di attività di consumo trendy, il condimento di suggestioni montane con l' “esperienzalismo di maniera" e la sua modernità nell’era della trasformazione digitale. Non raramente cercando di emulare - o meglio talvolta scimiottando - i parchi divertimento e la movida del mare in pianura. 

Oggi però inizio toccando un argomento poco frequentato se non dagli addetti ai lavori, di cui mi sono occupato per ragioni professionali.

Il ruolo dei Sistemi Funiviari, con qualche accenno a quel mondo che nella mia terra – il Trentino Alto Adige- conta parecchio per l’economia locale, in particolare ovviamente per quella turistica. Solo accenni, in attesa di approfondimenti anche guardando ai sistemi di altre regioni e di altri Paesi.

Quando si parla di impianti funiviari quali sono le associazioni di idee che vengono immediatamente alla mente? Ne ho una lista decisamente lunga.

Sci, piste, caroselli e nuovi progetti di arroccamento e collegamento, assalto alla montagna, impatto ambientale e levate di scudi da parte degli ambientalisti, traino dell’economia della montagna invernale, fine delle località invernali di media-bassa quota.
Code estenuanti autostradali ed stradali per inerpicarsi tutti in lenta fila verso le mete nevose agognate.

E molti altri luoghi comuni, talvolta corrispondenti alla realtà, non dico di no.

Comunque sia, come sempre il buon senso e l’equilibrio fra posizioni estreme giovano a riportare la discussione nei suoi termini razionali. Perlomeno io ci proverò.

Non dimenticando che un po' di pragmatismo è forse necessario e quindi lo ripeto: quello che si è fatto ormai lo si è fatto, comunque la si pensi. Impariamo però dagli errori.

Certamente si può adottare molta più cautela da qui in avanti per valutare bene nuovi impianti, nuove piste, senza dimenticare che prendersela con lo sviluppo degli impianti dimenticando il fenomeno spesso avvilente dell'eccesso delle nuove seconde case...ecc.

Ma parlare di Impianti significa anche affrontare la crisi economico-sociale che vive la montagna dello sci meno nota, quella esclusa dai grandi e medi caroselli sciistici.

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Come narrare i dati di un Sistema di Funivie

Il Caso della Provincia Autonoma di Bolzano

Il loro Istituto Provinciale di Statistica  - l’Astat - insieme all’Ufficio Funivie e con la collaborazione dell’Associazione degli Esercenti Funiviari dell’Alto Adige Anef, ogni anno pubblica un annuario degli impianti  - giunto alla 30a edizione - con dati interessanti per gli addetti ai lavori, ma anche come elemento di curiosità e conoscenza per un normale cittadino che volesse capire la portata economica di tale sistema. Non solo numeri tecnici e statistiche dei passaggi, ma anche bilanci e risultati di Esercizio consolidati del Sistema Funiviario Alto Adige e altri interessanti dati commentati e spiegati.

Senza per ora entrare nel merito delle analisi, quello che mi interessa evidenziare è lo stile di presentazione. Insomma, il racconto della realtà economica del Sistema Impianti a Fune dell’Alto Adige.

Lassù hanno capito l’importanza di compiere un’opera di divulgazione e comprensione dei dati di sistema verso i propri cittadini che avessero curiosità e interesse a conoscere meglio la loro economia di montagna legata fondamentalmente allo sci.

E una migliore comunicazione verso soprattutto categorie, imprese, amministratori pubblici che di analisi strutturate hanno assoluta necessità per essere supportati nelle azioni, strategie, pianificazione dello sviluppo del territorio.

Un esempio di benchmark tratto dall'ultimo annuario Funivie Alto Adige

Il rapporto nr. di impianti per 1.000 Km quadrati.

C’è un dato comparato interessante che deve far riflettere sulle forti economie del turismo invernale che vengono praticate in altri territori, sia pur considerando la loro morfologia e le loro quote medie, elementi che li avvantaggiano rispetto ad altri territori. Ecco qualche passaggio dall'annuario.

« L’analisi dei dati di alcune aree geografiche vicine alla provincia di Bolzano, quali il Trentino, la Valle d’Aosta, i Länder austriaci come Tirolo, Salisburgo e Vorarlberg, ed il Cantone dei Grigioni in Svizzera, offrono la possibilità di ampliare la conoscenza del settore mediante il confronto tra diverse realtà. 


In Austria l’offerta funiviaria si concentra prevalentemente in tre regioni alpine: Tirolo, Salisburgo e Vorarlberg. Il Tirolo dimostra la sua vocazione per il trasporto funiviario, collocandosi in prima posizione sia per il numero degli impianti (1.024) che per la portata oraria (1.472.692 persone/ora).

Al secondo posto il Land Salisburgo con 564 impianti ed una portata di 801.655 persone all’ora. L’Alto Adige occupa il 3° posto con 364 impianti ed una portata oraria di 526.510 persone.


Mettendo in relazione il numero di impianti con la superficie territoriale, emerge il risultato del Vorarlberg, nettamente al comando (119 impianti per 1.000 km2), seguito dal Tirolo (81) e dal Salisburgo (79).

In coda la regione Valle d’Aosta e la provincia di Trento, con rispettivamente 35 e 37 impianti per 1.000 km2.

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Come il Trentino ha affrontato le difficoltà dei Sistemi Impianti nelle stazioni di montagna media quota 

Lo studio su Pil e indotto provinciale a supporto degli interventi di risanamento

Prima di tutto qualche numero sul Sistema Impianti Trentino

Km 
Piste

impianti

skiaree

operatori

 addetti

500
Fill Counter
230
Fill Counter
20
Fill Counter
56
Fill Counter
1.500
Fill Counter

FATTURATO DIRETTO

200 Ml €
Fill Counter

Quindi un sistema che contribuisce non poco a reggere le sorti dell’economia provinciale, in particolare quella turistica di montagna: questo non tanto e non solo per i numeri diretti della produzione ricavabili dai bilanci delle società funiviarie.

Perché il fatturato diretto, volendo, non impressiona di certo se raffrontato ad altri settori industriali.
Diversa la valutazione se consideriamo quanto il Sistema Impianti sostiene in termini di valore aggiunto la ricchezza della mia terra trentina, ovvero l'indotto generato nella filiera dell'Economia del Turismo.

Un sistema che però presenta dei punti di debolezza nell’economia di stazioni sciistiche di media e bassa quota, prive dei grandi caroselli delle località più rinomate e dovendosi poi fare i conti con crescenti difficoltà di innevamento. 

Di tale criticità ne hanno risentito prima di tutto le società Impianti locali; in qualche caso si è aggiunto anche qualche investimento non finanziariamente ed economicamente sostenibile, tanto da portare sull’orlo del fallimento.  

Il bilancio aggregato delle società funiviarie partecipate da  Trentino Sviluppo - società pubblica per lo sviluppo economico sostenibile della Provincia Autonoma di Trento - nel settore impianti denotava infatti sino al 2015 ".. perdite strutturali e costanti ed un indebitamento complessivo che, crescendo di anno in anno, aveva raggiunto i 111 milioni di euro".

L'operazione di risanamento denominata Lean Cableways

Innanzitutto, visto che si è voluto usare l'inglese per determinare tale operazione basata sul concetto o meglio la metodologia conosciuta come Lean, un pò per celia un pò perché comunque credo sia un metodo buono, ecco la mia personale traduzione dall'inglese...adattata alle situazioni affrontate nelle stazioni in difficoltà.

lean cableways

“La sostenibile leggerezza del Sistema Impianti Funiviari
delle stazione di media quota ”

Delio Picciani

Provincia di Trento e Trentino Sviluppo hanno impostato una nuova strategia basata su "una rigorosa analisi economico-finanziaria delle singole stazioni invernali” e ancora: "..per condividere e promuovere sinergicamente alcune esperienze di gestione innovative ed efficienti; coordinare, supervisionare e monitorare gli investimenti con specifici supporti tecnici/economici sin dalla progettazione degli stessi, piuttosto che intervenire ex post al risanamento del debito contratto per la loro realizzazione che, spesso, si è rivelato insostenibile e fonte dei principali problemi di gestione riscontrati".

Tale fase di analisi ha portato alla riscrittura degli « Indirizzi provinciali per gli interventi di Trentino Sviluppo nel settore degli asset funiviari e dell’innevamento » approvati dalla sua Giunta Provinciale.
Devo peraltro sottolineare che successivamente, quando la Provincia di Bolzano ha adottato analoghe regole, le ha scritte in maniera decisamente più chiara. Ma tant'è...loro sono mezzi crucchi...

In sostanza si è intervenuti acquisendo asset quali gli impianti stessi e altri beni materiali strumentali, sollevando le società in crisi da costi fissi elevati quali gli ammortamenti dei beni, a quel punto non più a bilancio.
Nella sostanza sostituiti da formule di affitto "sostenibile" degli impianti per dirla impropriamente con un termine immediatamente comprensibile a tutti. 

Una scelta strategica adottata per necessità, per salvare non solo società funiviarie ma anche e soprattutto econome locali che senza lo sci invernale non si reggerebbero. Ed un modo per non infrangere le direttive comunitarie in tema di aiuti pubblici alle imprese. 

Ora, la critica non sta nell’intervento in sé che ha salvato da situazioni difficili alcuni territori ed altro non si poteva fare. La critica sta nei progetti insostenibili pur sostenuti dal Pubblico.

Ma siccome tutto il male non vien per nuocere, da lì in avanti si sono adottati criteri di intervento più rigorosi ed attenti nel non ripetere situazioni d'emergenza finanziaria.
Vuoi perché il Trentino é stato "aiutato" da norme europee stringenti - vedi i limiti ai cosiddetti aiuti di stato - vuoi perché ora vi é maggiore attenzione nel ponderare bene i nuovi investimenti.

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L’impatto sul Pil provinciale secondo studio commissionato a Fbk-Irvapp


Trentino Sviluppo ha affidato uno studio a supporto dell'operazione di riassetto Lean Cableways  all'IRVAPP, l’Istituto per la ricerca valutativa sulle politiche pubbliche che fa capo alla Fondazione Bruno Kessler, un’analisi sugli impatti degli interventi effettuati nel 2015.

1
Per 1 euro speso per l’acquisto degli impianti funiviari o di innevamento

Per 1 euro speso per l’acquisto degli impianti funiviari o di innevamento si determina nell’arco di cinque anni un incremento del prodotto interno lordo provinciale di 1,14 euro.

2
20 Ml investiti nel settore impiantistico..23 Ml di valore aggiunto al Pil 

Investendo 20 Ml di €, al termine di 5 anni il valore aggiunto sul PIL provinciale risulterebbe pari a 23 milioni di euro

3
Senza operazione Lean cableways
- 3Ml di reddito da lavoro, -19 Ml di spesa sul territorio in beni e servizi, -27 Ml perdita Pil provinciale 

Da una simulazione effettuata dai suoi ricercatori, apprendiamo che in caso di mancanza di tali operazioni sarebbero calati i redditi da lavoro pari a 3 milioni e spese per servizi e altri beni pari a 19 milioni: il PIL provinciale si sarebbe ridotto in termini cumulati di 27 milioni di euro. 


"
Tutto ciò senza uscire dall’area di osservazione e analisi di bilanci e conti d’esercizio delle società impiantistiche, non considerando quindi gli effetti sull’indotto dell’economia turistica della montagna"...

Se da una parte questo studio non è detto che se effettuato su altri interventi in altri territori porti agli stessi risultati, tali dati conforterebbero i sostenitori dell’utilità e necessità dell’intervento pubblico. Ad ulteriore supporto si cita spesso uno studio dell’Associazione Nazionale Esercenti Funiviari (ANEF), peraltro risalente al 2013, che evidenzia un dato interessante.

Studio Anef
1 € di ricavo degli Impianti genera..

fino a 7 € di ricavi dell'indotto

Quale futuro possibile per la Montagna delle piccole stazioni

Montagna Vecchia bidonvia

Questo é un tema molto delicato e non può essere esaurito con un post, in quanto é richiesto l'approfondimento dello stato dell'arte verificando come si sono mossi i principali attori territoriali interessati.

Perché tale tema investe economie locali, amministratori pubblici,  imprese e cittadini che con molti sacrifici e spesso indebitamenti al limite del sostenibile iniziati spesso dalla generazione precedente, hanno cercato una via per la crescita basandosi sul prodotto invernale prima ancora di quello estivo.

A tale riguardo é però bene non dimenticare che non poche stazioni oggi anche molto rinomate - Madonna di Campiglio ne è un esempio - sono nate come stazioni turistiche estive. E praticamente quasi tutte lo erano sino a quando non si sono iniziati gli investimenti in impianti e sempre nuove piste a partire dagli anni 20 del secolo scorso.

Quelli fra noi che hanno iniziato la pratica dello sci sin da bambini, ricordano forse i primi passi nei paesi di montagna che a soli 6-800 metri di quota si erano attrezzati con qualche pista, qualche skilift, una seggiovia, una bidonvia che partiva dal centro o poco lontano.

Per i più fortunati una pratica a km 0 o quasi nel dopo-scuola, in attesa del fine settimana con mamma e papà verso le stazioni più importanti ed attrezzate.

Poi quel piccolo mondo invernale antico si é via via pressoché estinto: uno sviluppo economico che permetteva una pratica più diffusa a classi sociali diverse in località maggiori, la neve sparita dalle località a bassa quota, le due maggiori cause.

Io ho davanti due esempi di come é stato affrontato - o meno -  il problema.

Nella passata legislatura la Provincia Autonoma di Trento ha affrontato il tema del futuro delle piccole stazioni di media montagna, paventando provvedimenti atti ad "agevolare" lo smantellamento di impianti in territori di bassa media quota, in previsione dei cambiamenti climatici e della minore appetibilità.

Poi, con successive dichiarazioni giornalistiche, si è minimizzato perché lo consigliavano le decise ed immediate reazioni critiche delle stazioni minori che si erano sentite prese di mira. 

L’Alto Adige nei suoi indirizzi e politica degli incentivi, ha fatto invece una scelta forte: favorire sistemi locali, quelli che stanno fuori dai grandi caroselli. Le motivazioni?
Direi due principalmente: i grandi comprensori hanno ormai raggiunto livelli di sostenibilità economica importanti creando un indotto notevole, e quindi hanno meno necessità di interventi di denaro pubblico.
Le piccole stazioni invece arrancano dal punto di vista della sostenibilità economica.

Ma ritengo ci sia un terzo motivo, forse il più importante:

per l’Alto Adige è soprattutto un privilegio poter avere ancora questi piccoli impianti di risalita nei paesi. “

E non solo perché ci sono dichiarazioni politiche dirette a tale riguardo: è soprattutto l'anima degli altoatesini che salta fuori, che é poi rappresentato dal campanile dei loro piccoli paesi. Piccole comunità se rapportate ai centri di fondo valle e delle città, che per millenni, direi, hanno vissuto quasi completamente isolate.

Prendiamo allora il caso di San Valentino alla Muta nell’Alta Val Venosta – giusto per portare esempi concreti -  ovvero “la costruzione della funivia di collegamento San Valentino – Belpiano - Aumento della percentuale di contributo provinciale di ulteriori 30 punti percentuali dei costi ammissibili...”

“….San Valentino alla Muta, la località con il maggior numero di posti letto per gli ospiti, perché  le imprese ivi situate godono così di sicurezza nella programmazione per via del collegamento e dell’accesso diretto al comprensorio sciistico “Belpiano” da un lato e del mantenimento del comprensorio sciistico “Malga San Valentino” dall’altro lato.

Di conseguenza l’evoluzione negativa dei prezzi può  essere bloccata e nell’alta Val Venosta possono essere creati nel settore del turismo i presupposti per un livello dei prezzi più  alto e stabile.”

In una conferenza stampa in cui la Provincia di Bolzano presentava le strategie adottate per le località sciistiche minori, il suo Presidente sottolineava che « per l’ Alto Adige è un privilegio poter avere ancora questi piccoli impianti di risalita nei paesi. Da molte altre parti non ci sono più, e ne sentono la mancanza: per questo la Provincia ha deciso di dare priorità agli skilift di paese e ai piccoli comprensori nel nuovo sistema di incentivi ».

Ciò detto va ricordato che in Alto Adige le quote medie delle piccole stazioni, con la loro collocazione decisamente più dentro l'arco alpino, sono maggiori rispetto a stazioni di altre Province e Regioni.

Tuttavia non si può non sottolineare che ne esce un quadro dell'Alto Adige caratterizzato decisamente da una cultura un pò diversa dalla nostra.

Una cultura che anche grazie al determinante fattore linguistico, é più legata a tradizioni e valori mitteleuropei, una delle principali caratteristiche della forza evocativa del  "Brand Süd Tyrol".

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Un ruolo da protagonista delle Funivie per la montagna estiva. Sistema Impianti oltre la neve

Attori fondamentali per la costruzione dei prodotti turistici della montagna estiva

Per molto tempo il prodotto Montagna Estiva ha giocato un ruolo decisamente minore nella scelta della vacanza. L'ha sempre fatta da padrone il mare, almeno per gli italiani.

Per una lunga stagione della nostra storia recente, in montagna si vedevano meno e concentrati nel classico periodo di Ferragosto. Molto di più invece gli stranieri, ma anche loro sempre più presenti al mare.

Io sono sempre stato un sostenitore di un cambio di mentalità nell'approccio al marketing e la comunicazione per la montagna estiva che dovrebbe venire da uno sforzo congiunto di molti attori, perché si sa che il prodotto montano fuori dall'inverno é sempre stato debole e inoltre troppo soggetto al Meteo, ma non solo.

La Montagna Estiva ha bisogno di una comune nuova narrazione individuata coralmente dalle regioni montane “

Ma é un'altra puntata.

Anche se non ne avrò mai le prove rimarrò comunque sempre buffamente convinto che una parte della colpa della debolezza estiva soprattutto nelle località minori di montagna sia stata la diffusione nelle città...dell'aria condizionata.

Sì sì ridete, ma ne potrei fare un mini trattato a partire da come si sono evolute le vacanze in montagna di quelli che un tempo, nelle località minori trentine, erano definiti dai paesani villeggianti.

Ad ogni modo, per fattori diversi la montagna estiva sta vivendo un buon andamento, anche se la stagionalità é sempre troppo corta, soprattutto per le imprese turistiche che dovrebbero lavorare e vivere per tutto l'anno o quasi.

Da diverso tempo le società impiantistiche hanno capito che possono giocare  un ruolo importante per l’economia turistica di montagna anche per la vacanza estiva.
Per anni avevano sempre vissuto un ruolo di comparse in quanto a numeri e fatturati nel periodo estivo.

Ora ci si comincia a spingere sino ad offrire prodotti turistici a fine estate-inizio autunno che comprendono risalite garantite dal prolungamento delle aperture stagionali degli impianti. E partecipano di più ai tavoli del prodotto estivo.

Si adattano poi le cabine per trasportare le bike in quota, si iniziano a costruire percorsi nuovi per loro. Si realizzano parchi attrezzati di divertimento in quota, con un occhio ai bambini e al rispetto della Montagna. Ed infatti non vengono definiti così anche nella comunicazione: sono park e qualcosa, sono aree con infrastrutture poco impattanti dove il legno é il materiale prevalente.

Si moltiplicano le iniziative territoriali locali per la creazione di card estive: la Card Trentino per turisti ed i residenti ovviamente, estesa a tutta la nostra Provincia, ne è un esempio (pur non esente da critiche locali): comprende risalite sugli impianti unite all’offerta di pacchetti e prodotti turistici basati sulla vacanza attiva e le visite culturali nei musei e castelli, e molto altro. 

Insomma gli impiantisti sembra inizino a ripensarsi in un Sistema Economico della Montagna annuale o quasi.

Come ha ricordato bene la presidente Valeria Ghezzi al convegno 2018 Anef (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari) di Riva del Garda, riconfermata come presidente nazionale anche per il successivo quadriennio:


“ Abbiamo una grossa responsabilità verso i territori montani, il loro sviluppo e la loro preservazione ma anche nei confronti di chi li abita.

Per questo, per vivere la montagna tutto l’anno occorre potenziare sempre più il coordinamento tra i vari operatori della filiera, fare squadra, fare sistema. 

E per rendere possibile tutto questo è fondamentale essere presenti, ascoltare chi vuole parlare di montagna, portando idee e contributi concreti che guardino all’ambiente montano senza rifarsi solo ad un concetto di vacanza e stagionalità: la montagna non è solo sci ma anche gastronomia, paesaggio, architettura, ambiente, impresa.
E’ un vero e proprio sistema complesso “

Parole sante verrebbe da dire, ma aggiungerei come sempre faccio davanti agli annunci, che vanno accompagnati dalla successiva verifica di coerenti scelte da parte delle società impiantistiche aderenti ad Anef.

E su questo tema circa il ruolo dei Sistemi Impianti in una cornice di sviluppo dell'economia di montagna concretamente sostenibile mi riprometto di tornarci.

Perché anche gli aspetti critici dei modelli di sviluppo montano vanno forse rivisti alla luce della trasformazione digitale che concorre al cambiamento del vivere e lavorare in montagna.

Ho parlato molto di un Sistema Trentino Alto Adige, che ha saputo ben valorizzare l'invidiata Autonomia, che pure di errori ne ha fatti.
Io errori a parte insisto nel dire che la nostra Autonomia non va invidiata ma semmai emulata.

Ma la Montagna é anche quella dei paesi dei camini spenti, abbandono, perdita di identità, svuotamento di paesi e valli.

E si apre un altro capitolo che ha proprio a che fare con l'Era della Trasformazione Digitale con le sue nuove incredibili opportunità di valorizzazione sostenibile anche della Montagna abbandonata.

Ed usata e soprattutto praticata bene, la valorizzazione sostenibile non é più una parolaccia! 

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