Rethinking Italy
Se tutto questo é il risultato degli sconquassi creati dal pensiero e dall'agire che governano Economia e Umanità, come potremo pensare di risollevarci se non penseremo ed agiremo diversamente da subito?

Foto di Gerd Altmann da Pixabay
Il racconto di imprenditori e le loro aziende, territori, persone che ricominciano affrontando un mondo nuovo e diverso in cui stanno avvenendo cambiamenti epocali, o meglio vere e proprie mutazioni.
Ripensandoci per un riprenderci diverso e migliore. Con ottimismo, speranza, e fiducia.. nonostante tutte le difficoltà.
Consapevoli che niente sarà più come prima, niente potrà e forse nemmeno dovrà essere più come prima.
Perché ci piaccia o meno se non cambieremo noi sarà il cambiamento a costringerci a farlo.
Iniziamo ora ad immaginare ed agire per una Ripresa diversa in un'Italia che vogliamo diversa.
Progettiamo il Cambiamento: una nuova Civiltà del Lavoro e dell'Impresa, dell'Economia e della Finanza, della Cosa Pubblica, del Cittadino con i suoi diritti e doveri.
Per un'Italia migliore..un'Italia più bella. That's it!
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O adesso..o mai più
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segue ed aderisce a #FutureOfItaly
Mentre inseguiamo i racconti dei Nostradamus del nostro tempo che si affannano in incerte profezie, il quotidiano ci racconta una realtà che insieme ad una emergenza sanitaria con cui convivremo a lungo, sta rivelando ogni giorno di più la nostra emergenza economica.
Il racconto di imprenditori e le loro aziende, enti e territori, persone che ricominciano affrontando un mondo nuovo e diverso in cui stanno avvenendo cambiamenti epocali, forse vere e proprie inattese mutazioni.
Cerco e narro le Storie di chi segue la strada del cambiamento delle strategie e dei sistemi che governano ed influenzano economia e finanza, imprese, professioni, territori, società e persone nella ripensante "Nuova Era della Trasformazione Digitale"
La narrazione del Cambiamento: news, studi, ricerche ed approfondimenti da fonti autorevoli su
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#postcoronavirus - #RethinkingItaly
Countdown lokdown: “ 'Anno da passà nuttate assai "
Eduardo e Winston: due figure per i tempi duri


Un fatto singolare accomuna in qualche modo due personaggi molto diversi fra loro: Eduardo, che la frase divenuta famosa la fa dire al personaggio principale nella sua Napoli Milionaria, scritta in pochi giorni nel 1945. La Seconda Guerra Mondiale é al termine.
Winston Churchill, che 5 anni anni prima lo dirà alla sua di maniera che deve passare una lunga notte di lacrime, fatica, sangue e sudore, quando con un vibrante e storico discorso alla Camera dei Comuni si rivolge alla nazione minacciata da un'invasione barbarica. La Seconda Guerra Mondiale é iniziata da meno di un anno.
Momenti storici diversi fra loro, e loro entrambi diversi da quello attuale contro un nemico invisibile. Ma analogo significato. Un tempo di buio. Un tempo di crisi mondiale, di lutti, di economie vacillanti.
Un momento che però passerà. Non sappiamo come e non sappiamo bene cosa ci aspetta terminata l'emergenza sanitaria. Senza nasconderci il fatto che non abbiamo nessuna certezza che non ritorni.


Una possibile lezione dal nostro miracolo economico degli anni '50?
Eppure l'Italia nel 1945 uscì da una guerra che non ha paragoni per morte e distruzione con quella che combattiamo oggi contro virus sanitari e virus finanziari ed economici conseguenti. E seppe riscattarsi con il suo miracolo economico che fece storia nel mondo.

Nonostante il tradimento che lasciò il Sud a piedi, l'Italia cambiò radicalmente e come riporta la stessa Treccani a proposito del miracolo economico italiano , «In Gran Bretagna, la International history of the twentieth century and beyond (2004, 20082) – di Anthony Best, Jussi M. Hanhimäki, Joseph A. Maiolo e Kirsten E. Schulze, docenti della London school of economics e del King’s college di Londra – parla di uno «straordinario successo», che ebbe profonde ripercussioni non solo sull’economia e la società italiane, ma anche sulla politica del vecchio continente, dal momento che contribuì a fare dell’Italia una della nazioni che più contribuirono al processo di creazione della Comunità economica europea e di integrazione fra gli Stati».
Da quel miracolo economico possiamo apprendere qualcosa di buono per una rinascita possibile in quello che sarà il nostro pur provvisorio post coronavirus?

“A quell'epoca pensavamo che tutto cambiasse - rispose Eduardo - Invece, non è cambiato niente. Dunque, è finita la guerra, ma "'a nuttata" è rimasta“.
Da un'intervista de “Il Tempo“ del 23 maggio 2003 ad Eduardo de Filippo
Quando una versione operistica di «Napoli Milionaria» fu presentata a Spoleto, un disilluso Eduardo cambiò il famoso finale perché la sua Napoli si sentiva tradita da un miracolo economico non “pervenuto“. «Quel finale lo cambiai perché non era più vero - mi spiegò successivamente Eduardo - Così, "Ha da passa' 'a nuttata" diventò "Ch'è ssuccieso".
Sì, quando sarà forse tutto finito - ma realisticamente non credo che vivremo più un "tutto finito" - forse ci guarderemo intorno e diremo anche noi: "Ch'è ssuccieso"?
Io mi ostino a perseverare nel mio «Ha da passa' 'a nuttata».
E nel frattempo come voglio, come vogliamo passarla questa lunga nottata?
Provare ad immaginare la ripresa nel tempo del post coronavirus?
Senza poter né voler dimenticare il presente..
Giusto che in piena emergenza si provi a pensare al dopo? Impossibile, inutile, immorale parlare di come fare ripresa mentre la prioritaria attenzione é tutta alla situazione sanitaria che si aggrava?
Il mio pensiero é che questo “ha da passà 'a nuttata“ dobbiamo ficcarcelo in testa come un mantra e ripetercelo cercando di iniziare già ora a raccogliere le forze per essere pronti alla reazione: forse é stato il modo di Eduardo e di Winston di spiegare allora il concetto attuale e moderno di resilienza.
Sì, lo dico anche agli amici milanes e lumbard che sono in questo momento fra i più colpiti. Ripetetelo in napoletano (per me é più facile perché sono un mezzo sangue, metà trentino e metà terrone).
È molto più efficace così che dirlo nel vostro pur straordinario dialetto simpaticamente pragmatico e sbrigativo. E ci farà sentire tutti un pò più italiani ed orgogliosi di esserlo, nonostante tutte le nostre magagne e le nostre pecche, che pur ci sono.
Viviamo giorni molto difficili, i prossimi potrebbero esserlo molto di più. Dovremo combattere sulle nostre coste, nelle nostre città di pianura e sulle nostre montagne - anche in senso turistico mi si passi il termine, e pazienza se mi prende un pò di retorica ma é il comparto più drammaticamente colpito - per sconfiggere prima la crisi sanitaria, poi quella economica e finanziaria che già bussa inesorabile.
Immaginare il tempo in cui potremo vivere il post coronavirus é molto difficile perché non abbiamo esperienze precedenti da cui imparare.
E le notizie sempre più brutte sugli effetti del coronavirus invadono la nostra vita e ci mettono in uno stato ansiogeno continuo.
Gli amici, con cui in diversi casi ho condiviso esperienze professionali, mi ascoltano affranti e preoccupati mentre tento di parlare del coraggio di immaginare come far ripartire la nostra Italia, la sua ripresa economica, le iniziative della Comunicazione e del Branding del nostro Paese per riacquistare fiducia in noi stessi prima, fiducia internazionale poi.
Dalle reazioni capisco che vengo da Marte e sto farneticando. Forse perché anche se seguo le notizie cercando di non farmene sommergere e provo dolore autentico per chi sta molto peggio, sino ad ora non sto sperimentando né io né le persone a me care lutti e malattia. Per il momento.
E mentre vedo sfilare gli automezzi dell'Esercito a Bergamo che vanno a prendere le salme da incenerire sono tentato di vergognarmi un pò nel parlare di economia e di come sarà o dovrà essere la ripresa.
Le ragioni del dovere e del coraggio: perché dobbiamo costruire ora il tempo del post coronavirus per ripartire
Poi però cerco le ragioni per cui pur immersi nelle difficoltà e talvolta purtroppo nei drammi quotidiani, dobbiamo e possiamo almeno tentare di immaginare come riorganizzare il Paese e il nostro lavoro, per essere pronti a cogliere il momento favorevole e spiegare le vele della speranza agendo e reagendo.
È prima di tutto un dovere ed una necessità per cercare di preservare imprese, posti di lavoro, risorse per alimentare il nostro Sistema, la nostra società civile insomma. Magari per farla migliore.
Ed é un dovere farlo ripensando tutto quello che abbiamo fatto di sbagliato. Ripensare ad esempio come dichiarare la parola Sostenibilità con coerenza in tutte le azioni della ripresa; e ma più come da molte parti é stata intesa una parolaccia contro la crescita.
Tutte le ideologie hanno fatto il loro tempo. Anche il liberismo selvaggio va ripensato totalmente. E con esso il ruolo della Grande Finanza. E sicuramente il Fare Politica.
Stiamo sperimentando come la nostra Sanità Pubblica sia un'ancora. E nonostante tutto una certezza.
Stiamo sperimentando come il Volontariato - privato sotto il profilo giuridico in attesa del suo definitivo riordino, Pubblico sotto il profilo morale per il suo impegno civico - sia un cardine della nostra Italia.
Stiamo sperimentando come la Scienza stia riacquistando il suo ruolo centrale con la sua strapazzata - italicamente parlando - Ricerca, che ritroviamo spesso dentro il Pubblico. E potrei citare molti altri esempi dove il Pubblico fa bene: come può con le risorse che ha.
Non occorre essere né socialisti né comunisti - ed io non mi ritengo né l'uno né l'altro, pur nel loro pieno rispetto - per immaginare una ripresa dove il ruolo del Pubblico debba riprendere il suo posto.
Ripensando a come evitare che rimangano le sue storture, le sue enclavi intoccabili, la sua burocrazia spesso disumana che lede e vincola come un Grande Mostruoso Golem la libertà di fare impresa, pur dentro le regole ed i dettami costituzionali.
Il Pubblico é un male dove ci sono inefficienza, clientelismo politico, corruzione.
Il Pubblico é un bene dove opera bene. Un bene primario e necessario che però deve confrontarsi con il Privato per unire le forze in molti campi.
E nel post coronavirus il supporto alle imprese segua altre ed ulteriori strade rispetto al "semplice" ricorso all'aiuto di Stato. Entri nell'Economia reale con più decisione, in forme di capitale di rischio condiviso con il Privato.
Già, tutte belle parole, ma come si fa? Noi siamo Italiani e i nostri treni non sono mai in orario...e soprattutto perché preparare la ripresa dato che nessuno sa realmente cosa ci attende?
Ogni giorno che passa non é solo il coronavirus che si espande. Notizie e previsioni sempre più inquietanti sul fronte dell'economia ci fanno comprendere che sta espandendosi un altro virus che peraltro a macchia di leopardo già da tempo percorre il mondo globalizzato. Il virus della recessione.
Nessuno Stato Europeo si salverà da solo. Neanche i nostri antichi amici crucchi che pure non ci hanno aiutati per niente

Tutto quello che il Governo nazionale ed i Governi Locali metteranno a disposizione in termini di aiuti e risorse finanziarie avrà costi elevatissimi in termini di debito pubblico. E molti osservatori ritengono che le misure che sembrano adottare i governi come quello italiano siano ancora del tutto insufficienti. Aspirine insomma.
Certo, la Ue ha assunto una decisione storica lasciando campo libero allo sforamento del deficit, probabilmente la messa in campo del famoso Mes per tutti gli Stati, la Bce dopo qualche incertezza iniziale - chiamiamola così - ha rispolverato la ricetta Draghi “whatever it takes“.
Ma siamo sicuri che non dovremo poi pagare un prezzo altissimo perdendo la nostra sovranità costituzionale, concetto su cui dovremmo essere tutti d'accordo? Perché anche la parola sovranità può essere intesa una non parolaccia se fa riferimento alla nostra Costituzione.
Dubito che l'Europa ci faccia regali consistenti, al più prestiti.
Ed anche se saranno magari a tasso di interesse zero prestiti rimarranno, da restituire in qualche modo. E comunque molte imprese potrebbero rischiare grosso e così moltissime coraggiose partite Iva, piccole imprese e piccoli esercenti, la disoccupazione aumentare. Insieme alla povertà.
Eppure rischiano grosso anche gli Stati Europei leader. Alla fine dovranno abdicare ai loro credo monetari e finanziari. Ma noi siamo e restiamo comunque l'anello debole della catena per l'eccesso del nostro debito.
E se non solleciteremo provvedimenti eccezionali anche contro le leggi "ordinarie" della finanza, un modo diverso di vedere economia e sviluppo, un approccio senza precedenti che smuova l'enorme liquidità ferma in giro per il mondo - non so bene come ma quella sta comunque lì, c'è - ci ritroveremo col culo letteralmente per terra.
Non sapremo uscirne che con la perdita completa della nostra indipendenza - già traballante - e subiremo imposizioni che ci costeranno lacrime, sangue e patrimoniali.
Non c'è più tempo e non è più il tempo per fare i Gattopardi
Il cambiamento avverrà comunque..e sarà una mutazione antropologica dei nostri comportamenti
Ecco perché dobbiamo avere il coraggio ed un pò di incoscienza nell'iniziare a spendere il tempo attuale per immaginare e pensare #ripresa.
Dunque non solo vedendoci impotenti nell'emergenza che pur dobbiamo in qualche modo affrontare, purtroppo talvolta anche con drammi familiari.
Il coraggio e soprattutto la lucidità di fare squadra piuttosto che andare in ordine sparso, ed immaginare e preparare il che fare nel post coronavirus.
È un modo forse per darci e mantenere fiducia e speranza. Senza la quale siamo già fregati in partenza. Persino la medicina seria ci avverte che non cadere nell'angoscia significa tenere alte le difese immunitarie. Ma lo stesso vale per chi fa impresa a tutti i livelli. La voglia di avere fiducia e saper sperare nonostante tutto aiuta l'economia a risollevarsi.
Di certo dubito che si potrà immaginare una ripresa continuando tutto come prima della pandemia.
Ma il cambiamento ci sarà eccome: sta a noi subirlo o esserne protagonisti! That's it..!
Non credo - e spero - che passata la nottata dimenticheremo tutto e torneremo a modelli di sviluppo e di consumo cui eravamo abituati. E dobbiamo stare attenti che non succeda.
Perché la tentazione umana di gettarsi tutto alle spalle dimenticando le lezioni che ci impartiscono i momenti difficili ci impedirebbe di lavorare per un'Italia Migliore.
Mi occupo di crescita dell'impresa, del territorio e della destinazione al tempo della Trasformazione Digitale, uso con attenzione il termine Sostenibilità perché se ne abusa; eppure é necessario trasformarla in azioni coerenti con tale principio.
Mi assumo il rischio di passare per demagogo: sono convinto che l'eccesso di insostenibilità ci ha portati in qualche modo a questo punto.
E di sostenibilità da creare e ricreare non c'è solo quella ambientale.
Essa può e deve abbracciare tutti i campi, un riferimento imprescindibile ed una occasione questa per ripensare i modelli sin qui usati, adottando criteri certi in tutte le filiere dell'economia e della finanza - certo, compresa quella che investe miliardi nell'inquinamento ambientale - a livello nazionale ed internazionale.
Giuseppe De Rita ed il coronavirus
«Siamo pieni di cattive notizie, in questo momento, in questo nostro Paese»...ma c'è un ma..ce la faremo perché siamo continuisti(?!?)

Mi sono imbattuto in un'intervista a Giuseppe De Rita - non credo che il personaggio abbia bisogno di presentazioni, ad ogni modo fra i suoi numerosi meriti é il fondatore del Censis - di Fiamma Colette Invernizzi del mensile Il Bullone.
Ho così imparato due nuovi termini. Dopo la frase secca sulle cose che vanno tutte male per il Paese.., «Va bene così», prosegue con un suono del tutto nuovo e luminoso, «e l’Italia regge le difficoltà di oggi perché è un Paese continuista».
Oddio non é che la Treccani mi abbia aiutato molto a capirne il significato anche perché tira in ballo persino Craxi con il continuismo ( sì lo so, qualcuno in questo momento pensa ancor di più che andava meglio quando andava peggio..!). E poi convengo con l'autrice che é un termine che suona negativo.
Con la Treccani mi é andata meglio quando mi sono imbattuto nel termine presentismo: «Dipendenza eccessiva dal presente, visto come unica dimensione della realtà».
E né deduco che immaginare come affrontare la ripresa nel tempo del post coronavirus é tutto fuorché presentismo.
Quindi visto che l'Italia si é specializzata alla Facoltà del Presentismo, dobbiamo abolire quella cattedra e tutti i suoi professoroni.
De Rita tira fuori il suo repertorio indubbiamente ricco..e resto affascinato da quanto dice in questa intervista.
Ad ogni modo l'articolo di Fiamma Colette Invernizzi vi consiglio proprio di leggerlo. I suoi commenti sul pensiero di De Rita spiegano bene dove vuol andare a parare nel suo linguaggio complesso. Io ne ho riportato tre affermazioni che mi hanno colpito.
«C’è una continuità nel tempo», mi apostrofa come se fosse riuscito a percepire attraverso il telefono la mia incertezza [sul continuismo ndr Delio], «e in Italia il passato gioca in favore del futuro. Troviamo una solidità all’interno delle strutture esistenti – anche in quelle pubbliche, per certi versi, tra cui il servizio sanitario nazionale, le forze dell’ordine o la stessa magistratura – che deriva interamente dai pregressi su cui sono radicate».
E ancora: ««Naturalmente questa continuità», interrompe il mio divagare di pensieri Giuseppe De Rita, «soffre nel momento in cui il Paese si affaccia a una crisi – che sia economica o sanitaria come quella presente – perché non siamo in grado di reggere bene il confronto con le rotture improvvise. Ci affidiamo, quando ciò accade, alla consapevolezza che tutto sommato il Paese funziona, gli ospedali svolgono il loro dovere e i centri di ricerca anche, perché si appoggiano a decenni e decenni di esperienze».
Un'altra affermazione fra tutte mi colpisce di più: ««La schiavitù del presente», continua l’intellettuale e sociologo romano, «ha portato perfino a un mutamento antropologico dell’uomo occidentale: nella vita privata, nella sfera dei sentimenti, delle relazioni, dei rapporti umani e della dimensione pubblica, dalla politica all’economia, dalle istituzioni alle imprese. Il presentismo ratifica il primato della tecnologia che domina e ci domina, della finanza senza redistribuzione della ricchezza».
Bingo. Ho trovato una fonte autorevolissima che mi conforta:
- Il dominio della tecnologia nell'Era della Trasformazione Digitale rischia di dominarci e dobbiamo usarla senza dimenticare l'Uomo (si vabbè anche la Donna ma é un modo di dire, su!)
- Non farci schiacciare dall'emergenza e provare a pensare ed immaginare la ripresa nel tempo del post coronavirus é un dovere verso noi stessi ma soprattutto verso il nostro Paese, che resta nonostante tutto il più bello del mondo
That's really it!
Che fare?

#postcoronavirus : che fare?
#liquiditàimprese: che fare?
#debitopubblico: che fare?
#finanzaeu: che fare?
#branditalia: che fare?
#sistemaitalia: che fare?
#ripresa: raccontarla
progetto di comunicazione e storytelling di come ripartiamo, proposto da Matteo Flora
STORIE
Post Corona Virus
Rethinking Italy
Cambierà tutto? Sicuramente molto.
Ripensiamo e riprogettiamo insieme le strategie ed i sistemi che governano ed influenzano economia e finanza, imprese, professioni, territori, società e persone nella ripensante
"Nuova Era della Trasformazione Digitale"
La narrazione del Cambiamento: news, studi, ricerche ed approfondimenti da fonti autorevoli su
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